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Sono solo canzonette?

In una canzone si può davvero dire tutto? Ci sono limiti alla licenza poetica?

 La musica ha un potere enorme. Influenza l'umore e lo stato di salute, stimola la percezione. Ha la capacità di rallegrarci, supportarci, farci compagnia, suscitare passioni, rafforzare i legami. È una forma di comunicazione che va oltre il linguaggio, fa presa sul nostro sistema inconscio e assolve funzioni diverse su ciascuno di noi, a seconda delle necessità, della sensibilità e delle aspettative. Studi recenti hanno dimostrato che gli effetti della musica sulla fisiologia cerebrale e sul comportamento affettivo, essendo associati al meccanismo di regolazione della dopamina, sono determinati dalla genetica. Il che suggerisce che anche un intervento non farmacologico come il semplice ascolto musicale potrebbe regolare le risposte emotive sia a livello neuronale che  comportamentale. 



Un potere sottovalutato

La musica insomma, più di qualsiasi pubblicità subliminale, forse più di ogni altra cosa al mondo, può influenzare il modo di relazionarci con gli altri. Ma il modo in cui lo fa dipende da tanti fattori, come l'altezza e l'intensità del suono, il ritmo, il tempo di esecuzione e gli effetti legati alla memoria collettiva oltre che a quella individuale. Di certo ha una fortissima influenza. Un messaggio veicolato in una canzone, quindi, è molto più potente di qualsiasi frase detta o scritta. Cosa può succedere quindi quando un messaggio viene veicolato attraverso la musica? Sicuramente, almeno per una sostanziosa fetta di pubblico, ne amplifica il significato. Quello che vogliamo fare oggi è fermarci a riflettere su alcuni testi di canzoni, che più di altre sono rivolte ad un pubblico giovane.


Frasi e giustificazioni

Nei brani di musica rap e trap espressioni che istigano alla violenza, inneggiano alla disparità di genere e veicolano il tema della supremazia dell’uomo sarebbero presenti in più della metà dei testi analizzati. E’ quanto rivela un’inchiesta condotta da ‘Libreriamo’, che mette in evidenza la consuetudine di usare termini ed espressioni violente nei confronti delle donne in 6 brani su 10 di quelli analizzati (circa 500), tra cui quelli di Sfera Ebbasta, Rkomi, Lazza, Dark Polo Gang, Ghali, Tedua, Izi, Gemitaiz, Achille Lauro, Enzo Dong, Capo Plaza, Tony Effe, Guè Pequeno, Geôlier, Tha Supreme, Blanco, Ernia, Chiello, Shiva.  I cantanti si difendono: e giustificano le parole dei loro brani affermando che si tratta solo di “storytelling”, in funzione della quale tutto sarebbe giustificato.

 

Istigazione o denuncia?

In questi testi domina il sesso maschile, che ha il potere assoluto sia nella scelta della partner sia nel modo di gestire il rapporto. La donna è spesso presente, ma ha sempre un ruolo secondario rispetto ai fratelli e agli amici. In uno su due la donna è un oggetto sessuale. Se si tratta della donna amata, questa viene citata per gelosia nei suoi confronti o per metterla in competizione con altre ragazze che fanno la corte al trapper ma non lo meritano, perché sono in cerca solo di quello che può offrire loro grazie al denaro guadagnato (soldi, vita sfrenata, lusso, droga). I cantanti, come già detto, sostengono che si tratti di pura finzione. Il punto, a nostro avviso, è capire se gli utenti di questa musica siano in grado di capirlo o meno. Lasciamo a voi i giudizi e le considerazioni del caso.

 

Gli appelli

Dopo le tante denunce da parte di cantanti, attori, giornalisti ed esponenti politici, diverse associazioni hanno deciso di lanciare appelli alle radio, a YouTube e alla Siae, affinché prendano provvedimenti contro queste canzoni. Come Carlo Rienzi, presidente del Codacons, che spiega di aver fatto richieste affinché boicottino i brani di rapper e trapper che contengono frasi violente o aggressive verso le donne [...] in grado di alimentare odio e violenza e incentivare aggressioni e gesti estremi. Canzoni che vengono regolarmente registrate alla Siae e pubblicate anche su piattaforme internazionali come Youtube”. Antonio Affinita, direttore generale Moige, su Avvenire spiega che certa musica propone contenuti “decisamente primordiali, dove viene annullata spesso qualunque dignità della persona e dove c’è sopraffazione”. Pur difendendo la libertà di parola, insiste sulla salvaguardia della tutela dei minori sotto i 18 anni, invocando limiti. Aggiunge: “non vogliamo dare esclusivamente responsabilità ai rapper e ai trapper, ma anche al sistema televisivo. La donna è abusata strutturalmente dal sistema mediatico, ed è inaccettabile e diseducativo per i ragazzi”.


Caterina Somma

Goal Magazine
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