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La cultura del possesso nel terzo millennio

La violenza di genere viene veicolata anche attraverso testi, canzoni, pubblicità. Comprendere è il primo passo per non sottovalutare il problema

Non c'è bisogno di riferirsi esclusivamente alla musica Rap o Trap per rintracciare frasi che si riferiscono al partner come un bene di proprietà, al concetto del maschio forte e predominante su una donna priva di autonomia e capacità decisionale, che non può permettersi di opporsi alla sua volontà. Di certi messaggi è pieno anche il mondo della moda e della pubblicità in genere. Messaggi che veicolano violenza esplicita, quando utilizzano parole o oggetti, e molto più spesso implicita, attraverso ammiccamenti e atteggiamenti. Da ciascuno di questi piccoli messaggi, solo apparentemente innocui, scaturisce una terribile e temibile forma-pensiero: quella che ha a che fare con il predominio del genere maschile su quello femminile, con la cultura del possesso dell'uomo nei confronti della donna. Il più delle volte, purtroppo, accettato e promosso dalle donne stesse. 


@ Marco Bianchetti

L'influenza sui giovani 

Per tante madri, mogli e compagne che per decenni hanno subito o condiviso di buon grado un certo tipo di mentalità ce ne sono tante altre, per fortuna sempre di più, che insieme a uomini consapevoli hanno iniziato a opporsi alla diffusione dei messaggi che istigano alla violenza di genere presenti nelle trame dei testi di alcune canzoni. Nascono così proteste, manifestazioni e iniziative intente a portare l'attenzione di un pubblico il più possibile vario ed eterogeneo sull'abitudine pressoché comune di veicolare concetti fuorvianti, specie nella mente di esseri umani in crescita come bambini e ragazzi, che sono i fruitori più numerosi di un certo tipo di musica. 


Sollevare il problema

Attenzione: non si tratta di operare alcun tipo di censura e non stiamo demonizzando alcuni generi musicali. Si tratta di riflettere attentamente su cos'è che genera una società in cui è presente un fenomeno che si chiama femminicidio, che alla media di circa 150 casi ogni anno ha raggiunto ormai le proporzioni di un massacro di massa. L'intento è chiaro: parlare più possibile di quello che succede, nella società, attraverso i media, nelle scuole. Riflettere e discutere, con ragazzi e adulti, sulle conseguenze occulte che possono derivare dalla diffusione di un certo tipo di sottocultura. E soprattutto, sensibilizzare i responsabili di chi la veicola consapevolmente, attraverso radio, stampa, tv. Ricordiamolo: lo scorso anno (il 2023) il 93% delle persone uccise dal partner era una donna.


Belve del 3000

Il fenomeno della libera diffusione di contenuti audiovisivi online, il più delle volte gratuiti, ha senza dubbio amplificato il problema. Perché l'industria discografica ha reagito alla crisi delle vendite cercando di proporre quasi esclusivamente ciò che viene premiato dallo streaming. E così facendo ha dato valore a tutto quello a cui è già stato promosso dall'audience, quindi vincente. Che viene proposto dai produttori a "cosa fatta", relegando loro ad un ruolo relativamente partecipe e scarsamente decisionale. Il contenuto di un programma televisivo o di un testo di una canzone segue quasi esclusivamente la richiesta di mercato. Ne consegue un'offerta spesso priva di contenuti originali e con un limitato se non scarso controllo su ciò che viene proposto, condiviso e promosso. Ma siamo nel terzo millennio: avremmo dovuto da tempo smettere di offrire nelle arene spettacoli di massacri tra fiere e gladiatori.


Libertà e regole

Insomma, come il cane che rincorre la sua coda, ogni "colpevole" può agilmente trovarne un altro, prima di lui, a cui addossare le colpe di quello che viene comunemente veicolato e promosso. Come se ne esce allora? È il pensiero comune che deve cambiare, degli uomini ma anche delle donne. E questo sicuramente va fatto su più fronti, con l'educazione alla parità dei diritti, al rispetto reciproco, alla libertà reciproca. E se accettiamo e condividiamo il principio che ognuno di noi, come genitore, coniuge o cittadino, ha un ruolo importante in questo difficile cammino, sarebbe opportuna una presa di coscienza da parte di tutti. Produttori e discografici compresi. Ogni società civile ha e sue regole. Che non sono limitanti, anzi, sono quelle che garantiscono la pluralità di pensiero e la libertà individuale. Che, vale la pena ricordarlo, finisce nel momento in cui inizia quella dell'altro.


Caterina Somma


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