Slogan, video, manifestazioni, campagne televisive, braccialetti in vendita al supermercato. Chi più ne ha più ne metta quando si tratta di lottare contro qualcosa di sacrosanto, ogni iniziativa sincera è buona, lodevole, confortante. Ma il sospetto che tutto questo non basti non è solo fondato, è più che supportato da numeri che non calano, omicidi che non si fermano, donne che muoiono senza la benché minima speranza di essere "l'ultima" a farlo per mano di un uomo violento.
Eppure sono anni che parliamo di questo problema. Anche da prima del 1999, anno in cui l'ONU ha istituito la Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza sulle Donne in ricordo delle “mariposas” domenicane. Decenni in cui giornalisti, comunicatori, personaggi pubblici si sforzano di mandare messaggi che veicolano la parità di genere, la non violenza e combattono il maschilismo, la prepotenza. Allora perché tutto questo continua a succedere? Queste iniziative, questi messaggi, sono sufficienti?
Lo sappiamo, e lo promuoviamo con tutte le nostre forze, che il problema si risolve con l'educazione, quella che da piccoli impariamo in casa dall'esempio che ci danno i nostri genitori. Lo sappiamo bene che nasce da padri e madri che in famiglia fanno distinzione tra figli maschi e figlie femmine, da chi è indulgente verso comportamenti maschili sopra le righe perché agli ormoni non si comanda. E diciamo da tempo che l'educazione è alla base di tutti i nostri comportamenti e atteggiamenti futuri. È per questo che facciamo programmi scolastici e campagne educative. Che funzionano di certo, o meglio, daranno i loro frutti. Con il tempo. Forse troppo tempo. Perché per il momento gli atti violenti mantengono il loro trend, e il braccio di chi li compie è spesso giovanissimo. Che, invece, dovrebbe essere già educato.
Viene allora il sospetto che per fermare ora questo genere di crimini le iniziative culturali non bastino affatto. Perché sono cose che ci diciamo tra noi, noi che già capiamo il problema, noi già inorriditi e consapevoli. Ci siamo mai chiesti che lingua parlano i nostri messaggi? Non è certo la stessa di chi commette questi delitti. Che poi, siamo sicuri che siano tutti figli di una educazione sbagliata?
Bisognerebbe avvertire l'esigenza di salvare il salvabile. Che altro non è che la vita delle donne che ancora ci andranno di mezzo, da qui fino al giorno in cui non ci sarà più una mentalità da cambiare perché sarà già cambiata. E per salvare vite bisogna sforzarsi di parlare la lingua dei violenti.
Quale? Come? Inasprendo le pene? Facendo scontare davvero gli anni di condanna a chi si macchia di colpe gravi? O facendo in modo che i braccialetti elettronici funzionino?
Da più parti si inizia a parlare della necessità di processare minori che commettono gravi reati come degli adulti, sgravando i genitori delle proprie responsabilità. Qualcuno dice che l’età imputabile andrebbe abbassata a 12 anni, perché il minore che commette gravissimi reati e ha personalità violenta dovrebbe essere processato come un adulto. Non è d'accordo l'avvocato Giorgio Vaccaro, professore di Diritto e Procedura Civile, mediatore familiare, specializzato in Psicologia Giuridica e Psichiatria Forense in età evolutiva, che in un post odierno su Linkedin rinnova il suo pensiero: "Il mio appello è quello di ricordare, sempre, come ogni minore non abbia ancora formata una personalità e quindi si debba trattare in modo diverso dagli adulti". Continua l'avvocato: "Un minorenne è tale, anche per i principi di diritto penale, perché non ha la completa formazione né il controllo delle sue facoltà decisionali".
Educare i bambini e dare il buon esempio è compito di ognuno di noi. Non scarichiamo la responsabilità sulla società.
Caterina Somma
Konecta Italia, contro la violenza in ogni situazione e verso ogni essere vivente, è in contatto con un servizio di supporto che fa capo al progetto "Woman Don't Cry" di Comdata, per la sensibilizzazione, il supporto e l'assistenza delle vittime di violenza. Per parlare con lo sportello di ascolto ICS – Io Ci Sono di Konecta Italia basta inviare una mail a: ics@qmsrl.it . Professionisti esterni gestiranno le prenotazioni concordando gli appuntamenti (via telefono, call, video call, mail, etc.)